Ciao ragazze, grazie di essere con noi e benvenute alla quarta puntata della nostra rubrica di comunicazione e design IMHO. Oggi siamo con Alessandra Fraissinet, educatrice sessuale e Lisa Sirignano che, invece, si occupa di web editing ed è speaker radiofonica e capo redattrice dell’associazione Caramelle in piedi. Oggi siamo qui per parlare del progetto “Ti leggiamo una femminista” che è un podcast relativo al tema del femminismo intersezionale.
Ale io inizierei con te: come è nata l’idea di questo podcast?
L’idea è nata dalla voglia che accomuna sia me che Lisa di condividere cose che per noi sono molto importanti, la nostra voglia di fare attivismo e divulgazione, la voglia di fare qualcosa di buono per rendere il mondo un posto migliore. É un progetto che nasce dall’amore: sia dall’amore che entrambe abbiamo per il femminismo, ma direi anche dall’amore dell’una verso l’altra, perché io e Lisa, prima di qualsiasi altra cosa, siamo amiche e questo aspetto del nostro rapporto si riflette anche nel progetto. Nonostante siamo molto simili per certi aspetti, ma anche diverse per altri, puntiamo all’obiettivo di portare avanti “ti leggiamo una femminista”. E devo dire che questo percorso, che ci vede impegnate da più di un anno, ci sta dando moltissime soddisfazioni.
Partire dal tema dell’amore ci piace!
Anche se abbiamo fatto dei passi avanti negli ultimi anni, la parola femminismo è sempre accompagnata da cattiva informazione e spesso e volentieri si ha molta reticenza a dire, ancora oggi, io sono e mi sento femminista. Lisa, ci puoi dare una visione più chiara rispetto a cosa significa femminismo? E, visto che il vostro podcast si occupa di femminismo intersezionale, se c’è una differenza tra femminismo tradizionale e quello intersezionale?
Una delle nostre esigenze è quella di avvicinare, in modo semplice e non semplicistico, chi storce il naso alla parola femminismo. Come dicevi, questa cosa succede spesso e dipende, il più delle volte, dalla grande quantità di informazioni che possiamo recepire. Ovviamente c’è anche un lato positivo della medaglia: oggi, ad esempio, grazie ai social si è dato molto risalto ai femminismi. Purtroppo in questa società, prima di tutto, siamo incapaci a dare e ricevere feedback, che è una cosa molto importante, soprattutto, quando c’è uno scambio tra le persone e ci si confronta tra quelli che sono pensieri che possono essere opinabili o meno. Per il femminismo è soprattutto un metodo. Un metodo quotidiano da applicare. Da applicare prima di tutto per se stesse o, se vogliamo essere inclusivi, a se stessə e poi da applicare per guardare il mondo. Si dice che, quando inizi questo tuo percorso nel femminismo, qualunque sia il tuo genere, indossi delle lenti femministe. E se ci pensiamo è un bel paragone: il mondo non tornerà come prima, una volta che tu vesti queste lenti. Andranno solo ad aumentare i gradi delle lenti e i colori che metti a queste lenti sono le lotte che tu scegli di portare avanti. Non a caso, ho parlato di femminismi perché tendenzialmente non si può parlare di femminismo tradizionale e non. É più opportuno parlare di femminismi perché il femminismo è un metodo, una pratica che vuole, sostanzialmente, raggiungere la parità dei generi in prima istanza. Però poi nella storia ci si è accortə che c’erano una serie di livelli che si andavano a formare e, per questo motivo, non si può parlare di un solo femminisimo, ma ci sono una serie di lotte, che definiremo femminismi, che si mettono insieme. Si chiama intersezionale perché come nell’intersezione tra le rette matematiche queste lotte si intersecano in un unico punto che sono le discriminazioni.
É un concetto che personalmente non conoscevo e vi ringrazio di averlo descritto così bene. É un argomento molto complesso e voi, di comune accordo, avete deciso di comunicarlo attraverso lo strumento della lettura. Alessandra come avviene la scelta dei libri che vengono proposti nel podcast?
Per noi, sin dal primo momento, era molto importante offrire degli strumenti alle persone che di femminismo non sanno nulla. Per noi è stato fondamentale iniziare con dei libri semplici, ma non facili. Quindi dei testi che possano essere alla portata di tutti per costruire un discorso che, a mano a mano, sia sempre più complesso. Abbiamo iniziato con i libri “Parità in pillole” di Irene Facheris e “Dovremmo essere tutti femministi” di Chimamanda Ngozi Adichie che sono dei libri molto brevi ed accessibili a tuttə. Poi siamo andati a costruire discorsi sempre più ampi e complessi. Proprio come diceva Lisa, abbiamo iniziato a costruire dei livelli. In questa prima stagione, abbiamo toccato diversi temi come la grassofobia, sex work, la rappresentazione del femminismo nel cinema e nelle serie tv, l’educazione a partire proprio dai bambini piccoli, di linguaggio e corpo. Il processo di selezione di un libro è molto più tortuoso di quello che si può pensare, perché ci sono talmente tanti testi che abbiamo letto e che riteniamo fondamentali, che non è facile scegliere quello più adatto. Cerchiamo di fare un compromesso tra cose che abbiamo già letto e apprezzato e cose che vogliamo leggere o che pensiamo possano essere utili in un determinato momento. Quando scegliamo un libro cerchiamo di pensare a raggiungere più persone possibili e non di parlare esclusivamente alla nostra bolla.
Mi viene in mente una domanda estemporanea per Lisa rispetto alla vostra relazione con un pubblico variegato: c’è per caso un argomento in cui rilevate più reticenza da parte del target a cui lo state proponendo?
In generale devo dire che sono pochissime le persone arrivate che sono estremamente inserite nella bolla e che nel femminismo ci sguazzano. In generale il nostro pubblicato è abbastanza affamato su questi temi: ha sentito qualcosa però ha bisogno di capirne di più. Rispondendo alla tua domanda, molto dipende dalle persone e dalle proprie esperienze personali. Fortunatamente non abbiamo troppe persone che ci odiano a prescindere. Non esiste un modo perfetto di fare divulgazione o di essere femministe. Noi siamo tutti essere umani e la perfezione non è un ideale perseguibile e, anche le cose che pensiamo o in cui crediamo, possono non essere perfette. Noi crediamo molto nel concetto di fioritura e questo percorso del podcast sta facendo fiorire anche noi. Molto spesso impariamo dalla nostra community perché c’è uno scambio.
Alessandra tu hai parlato di educazione. Secondo te, nel percorso educativo della prima infanzia o a scuola, di cosa si dovrebbe iniziare a parlare?
Il libro “Dalla parte delle bambine” di Elena Gianini Belotti è stato illuminante. Questo saggio è stato scritto nel 1973, ma è ancora molto attuale. Spesso quando si parla di educazione, infanzia e femminismo le prime cose che vengono alla mente solo le differenze tra i colori rosa e azzurro per i bambini o le differenze nella scelta dei giocattoli. Questa è una piccola parte, ma non l’unica: leggendo il libro ci si rende conto di quanto la disparità di trattamento tra bambine e bambini è spaventosa. Spesso è subdola. Ci si aspetta dai bambini una personalità diversa da quella delle bambine. La conseguenza è che ci si aspetta, da adulti, che tutto quello che riguarda la cura della casa o della famiglia sia prerogativa della donna. Questa cosa affonda le sue radici nell’infanzia e di come vengono trattate le bambine. I bambini, invece, vengono apertamente incoraggiati a mostrare una serie di caratteristiche come l’appetito, la forza, la prepotenza. É un saggio che dovrebbero leggere tuttə a prescindere se si è genitori o meno, perché ci fa rendere conto di quanto il problema sia radicato in modi che non sono sempre così scontati e lampanti. Partire dall’educazione dei piccoli può essere una grande parte della soluzione.
Lisa, secondo te, nella costruzione di una consapevolezza diversa ci sono degli step auspicabili e non rinunciabili che possiamo intraprendere?
Il problema è che stiamo parlando di coscienza e consapevolezza e non sempre le persone, con i loro percorsi di vita, riescono ad arrivare a questo. Non è detto che tutte le persone siano pronte o predisposte a voler ascoltare e fare la differenza. Io credo molto nell’educazione. Bisognerebbe iniziare a cambiare i titoli dei testi, iniziare ad introdurre qualsiasi strumento per poter comprendere la diversità; sono assolutamente favorevole all’introduzione dell’educazione sessuale ed affettiva fin da piccoli. É incredibile la nostra incapacità di stare al mondo in quanto comunità e di non rendersi conto che siamo miliardi di persone. É una questione di coscienza e consapevolezza che non puoi gettare sulle persone.
La mia ultima domanda è sulla gestione della comunicazione del vostro progetto. Voi siete sui social, avete il podcast su Spotify. Che strategia di comunicazione state attuando per cercare di arrivare a più persone possibili? Che difficoltà state affrontando?
Abbiamo aperto il nostro profilo Instagram dopo un po’ di tempo e non immediatamente. L’idea iniziale era di aprire solo il canale per caricare il podcast. L’idea di aprire il canale social su Instagram è nata per parlare e confrontarsi con le persone che ci seguono e per creare una community. Il profilo IG lo usiamo anche per condividere alcuni concetti che magari non trovano spazio nella puntata o per approfondire altri temi. Dallo scorso febbraio abbiamo iniziato anche a fare delle dirette ad esempio con alcune autrici dei libri, ma anche in occasione del mese del Pride per dare spazio alla comunità LGBTQIA+.
Una strategia di base c’è. Noi teniamo molto alla parte contenutistica. Abbiamo lavorato, ovviamente, anche alla parte grafica e strategica, ma siamo soprattutto molto accorte alla scelta del contenuto che deve essere sempre funzionale per il nostro target. La nostra strategia è di essere presenti e sul pezzo, ma senza sfociare nella performatività fine a se stessa.
Ragazze grazie di essere state con noi!