Il signor Carl Jung sosteneva che un simbolo è vivo quando rappresenta qualcosa di sconosciuto ma noto all’anima. In sostanza, una sorta di mistico déjà-vu. E quando poi viene fatta luce su di esso, studiandolo e decodificandolo, il simbolo finalmente si riappropria del suo intrinseco valore storico. Un valore da comprendere e da “scavare”, aggiungerei, e non solo perché sono un’archeologa.
Quando un ateniese si trovava di fronte l’immagine di una civetta, sapeva benissimo cosa significava e a quale divinità era consacrata. Nella cultura ellenica, disegni, simboli e icone venivano create ed utilizzate allo scopo di essere facilmente riconoscibili e di impatto immediato. Segni fidelizzanti, intorno ai quali si generava consenso e affiliazione. Che, con tutte le differenze del caso, ritroviamo nell’intento simile all’obiettivo di un brand sul mercato.
La nostra cultura visiva ci ha abituati a godere del lato puramente estetico tralasciando, a volte, la storia e i significati nascosti. Questo cammino, che sono orgogliosa di presentarvi, si svolgerà proprio tra segni e simboli del nostro vissuto e sarà volto a far luce su di essi: pensate a un vecchio viandante che percorre una strada buia e tortuosa, che abbiamo deciso di chiamare via Formosura (bellezza in napoletano), ricca di luoghi affascinanti dove fermarsi per scoprirne le storie. Unico requisito necessario: la grande lucerna.
Oggi ci fermiamo al numero 1 di via Formosura per il primo dei simboli che ho deciso di raccontarvi: il granato, un frutto antico pieno di succo e significato.
Sono sempre stata attratta da questo frutto: rosso, succoso, dolce e al tempo stesso acidulo. Riconoscevo in esso una doppia natura, un frutto sacro e, allo stesso tempo, profano. Quando poi ho studiato il suo valore simbolico e la sua storia, ho deciso di tatuarmi la sua figura rotonda sul fianco sinistro. Appollaiato sotto al cuore, dove più ne avevo bisogno.
Perché volevo essere invincibile. Come i babilonesi ed i persiani che mangiavano i suoi chicchi prima di ogni battaglia per avere vittoria, io volevo essere imbattibile nella vita là fuori.
Fra tutte le divinità studiate, quella che mi ha sempre affascinato come temperamento e forza è Hera. Tanto da farla diventare grande ispiratrice del mio cammino universitario e spirituale. Era maestosa e solenne, ma così orgogliosa e rabbiosa che pareva essere più umana che dea. La scoperta di venir rappresentata con la melagrana finì solo per suggellare la mia ammirazione verso di lei. Abbondanza e Fertilità erano tutti concetti che anche io volevo evocare in termini spirituali. E questo frutto ne era il binomio perfetto.
Veniamo alla sua dualità. Il limite tra sacro e profano è sottilissimo, proprio come il sapore di questo frutto. In Campania, e precisamente nella colonia greca di Poseidonia (l’attuale Paestum), veniva venerata una Hera detta Argiva, seduta sul trono con una melagrana stretta in mano.
Per onorarla, i suoi fedeli rappresentavano la melagrana sugli ex-voto (doni votivi) e le offrivano il frutto fresco per ringraziarla ed entrare così nelle sue grazie. Interessante è qui il collegamento tra questa particolare rappresentazione e il Santuario della Madonna del Granato, venerata sul Monte Calpazio, promontorio che domina la stessa Paestum. Ti svelo che la tradizione popolare attuale mantiene vivo il legame con il paganesimo del VI sec. a. C.: non tutti sono a conoscenza dell’usanza particolare, ancora presente, seppur in misura minore, di portare i frutti del melograno alla Madonna in segno di riconoscimento e ringraziamento. Due religioni opposte quindi, ma dai sapori complementari.
Anche la religione ebraica è fedele a questo simbolo. Oggi i rotoli della Torah, quando non sono in lettura, sono conservati all’interno di gusci d’argento a forma di melagrana e riposti in un armadio sacro chiamato Arca Santa. Benché la scelta possa sembrare casuale, non lo è affatto. Per gli ebrei, infatti, i precetti della Torah sono 613, pari al numero di quelli che, anticamente, si credeva fossero i chicchi della melagrana. Anche per la religione ebraica, questo simbolo arriva da un tempo lontano. Precisamente dal X sec. a.C.: ne “Il Libro dei Re” (testo sacro contenuto all’interno della Bibbia Ebraica e Cristiana) viene raffigurato sui capitelli del fronte del tempio di Salomone a Gerusalemme o sulle vesti dei grandi sacerdoti; posizioni di rilievo per un frutto di valore.
Ora possono venirti in mente numerosi affreschi pompeiani o dipinti medievali e rinascimentali di una qualsivoglia madonna con in mano una melagrana, come per esempio quella di Sandro Botticelli (1487), dove il frutto è in mano al Gesù bambino e, in questo caso, siamo di fronte ad un ulteriore significato, ovvero l’anticipazione della passione e quindi del martirio, rappresentato dal colore rosso vivo degli arilli. Volendo fare un salto all’indietro ed approfondire nuovamente il mito, scopriamo che anche per gli antichi greci rappresentava il sangue, perché il primo melograno è nato dalla stille di sangue di Dioniso bambino, rapito e fatto a pezzi dai titani per volere di Hera, per punire l’ennesima infedeltà di Zeus.
C’è qualcuno che ha sempre giudicato un po’ kitsch la melagrana d’argento regalata per le più svariate occasioni, dalle inaugurazioni dei negozi e alle case nuove di zecca.
Ma non è solo la tradizione nostrana ad aver conservato questo simbolo: in Cina, per esempio, viene regalato agli sposi, in Grecia viene piantato nel giardino dei futuri consorti o donato per il primo dell’anno. Nel rito cerimoniale turco, la sposa deve lanciarne uno a terra per contare quanti chicchi ne sono fuoriusciti e scoprire così il numero futuro dei suoi figli.
La melagrana custodisce quindi anche numerose tradizioni, patrimonio sociale che si tramanda di generazione in generazione, proprio come i suoi numerosi significati. Spero che ora mangerai, penserai e guarderai questo frutto con occhi diversi, consapevole del potere storico che emana. Magari lo indosserai come rito propiziatorio o lo sceglierai per rappresentare il tuo personale progetto. Ma sono ancora infiniti i simboli che potresti adottare nel tuo “pantheon” personale. Siamo solo all’inizio. Abbiamo rallentato i nostri passi per fare luce sul frutto della melagrana, ma via Formosura è lunga e ancora buia. Quindi caricate la grande lucerna e seguitemi per scoprire cosa c’è al numero 2 di via della Bellezza.